(da R. Marchese, Piani e percorsi della storia - 3, Milano, Minerva Italica, 2001) Internet ha una struttura fluida, aperta e senza centro, che continua a crescere in modo tumultuoso e spontaneo: qualsiasi individuo, associazione, istituzione pubblica o società privata può entrare a far parte della rete planetaria o separarsene in ogni momento; ciascuna rete locale, di piccole o grandi dimensioni, è in costante comunicazione con tutte le altre; anche le reti interne (Intranet) aziendali, accademiche o governative possono aprirsi parzialmente o totalmente alla rete globale. Nonostante i notevoli investimenti e i progetti di sfruttamento commerciale da parte dei colossi privati dei media e del software, nonostante le mire di controllo dei governi, Internet rimane un ambiente sostanzialmente anarchico e imprevedibile, refrattario ai tradizionali strumenti di analisi sociale, economica e giuridica. La velocità, l’estrema flessibilità e l’extraterritorialità della rete vanificano qualsiasi tentativo di regolamentazione globale e sono indifferenti ai confini delle sovranità nazionali. Ne derivano possibilità inedite di reati molto difficili da perseguire, dalla diffusione di materiale pornografico all’apologia dell’antisemitismo, dall’intrusione dei pirati informatici (hackers) nelle reti governative e aziendali alla violazione delle norme sul copyright, sino all’uso di Internet da parte di gruppi terroristici o della criminalità organizzata. I ripetuti tentativi di controllo politico e di censura, soprattutto negli Stati Uniti, hanno scatenato durissime campagne per la piena libertà di informazione e di espressione che, a loro volta, si sono servite delle enormi risorse della rete per mobilitare un vasto movimento di opinione e di resistenza collettiva transnazionale. Ci si appella a volte al XX emendamento della Costituzione americana o all’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) delle Nazioni Unite per difendere, nel nuovo contesto tecnologico, il diritto di "cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo". Del resto, l’anarchia costitutiva della rete è in molti casi uno strumento di libertà prezioso contro l’oppressione politica di regimi autoritari che tentano invano di negare l’accesso a informazioni e contenuti ritenuti pericolosi, o di impedire che espressioni di denuncia e di dissenso varchino i confini nazionali. Nella geografia virtuale del cyberspazio, un documento memorizzato su un server di un altro continente può essere, per la logica dei link che ne definiscono l’accessibilità, più "vicino" di quello situato nello stesso edificio. La possibilità di leggere e di pubblicare sul Web richiede competenze tecnologiche e disponibilità economiche relativamente modeste. E’ quindi facile aggirare il filtro giornalistico dei media tradizionali, per diffondere e ricevere direttamente notizie "non autorizzate" su eventi drammatici (come è accaduto in occasione di guerre locali e civili, o di brutali repressioni poliziesche), oppure per denunciare gli abusi compiuti da potenti imprese multinazionali. Oltre al diritto di accesso all’informazione, la diffusione capillare di Internet pone la questione del diritto a rifiutare l’informazione non richiesta, come nuovo aspetto del diritto alla privacy. La posta elettronica, in forma più massiccia e intrusiva della posta tradizionale, può infatti diventare veicolo di un bombardamento di messaggi promozionali (spamming) e di vaste operazioni di marketing diretto, senza alcun filtro. L’impulso in questo senso proviene dall’espansione del commercio elettronico, che consente di abbattere i costi di distribuzione, trasporto, imballaggio e magazzinaggio, soprattutto quando la conversione digitale di un prodotto è in grado di "smaterializzarlo", di trasformarlo da un insieme di atomi fisici in sequenze di bit. Pagando con carta di credito via rete, il consumatore può scegliere da un catalogo on line, per scaricarli direttamente sul proprio computer, brani musicali e filmati, giornali e riviste, libri elettronici e software; può acquistare titoli e azioni, pacchetti turistici, biglietti per spettacoli, tempi di accesso a servizi di informazione o di intrattenimento. Internet offre alle aziende la possibilità del tailoring: personalizzazione del prodotto in base alla comunicazione interattiva delle preferenze del cliente, che diviene un autentico partner nella produzione. Questa possibilità rafforza una più generale tendenza ad anticipare la domanda e a prevedere le propensioni al consumo, anche attraverso un monitoraggio capillare dei profili personali degli acquirenti: abitudini, preferenze, capacità di spesa, stili di vita. La navigazione in Internet è una fonte di acquisizione di dati personali che si aggiunge alle innumerevoli tracce elettroniche delle nostre azioni quotidiane mediate dalle nuove tecnologie (carte di credito, tessere bancomat, telefoni cellulari, televisione via cavo). La registrazione delle visite ai siti Web e dei dati personali richiesti per l’accesso a molti servizi on line consente di allestire archivi di profili di consumatori potenziali, che costituiscono una nuova merce informativa sempre più preziosa per le nuove strategie di marketing. Si delinea quindi una forma inedita di invasione della privacy, alla quale viene opposto da più parti un diritto all’"autodeterminazione informativa": necessità del consenso per la raccolta, il trattamento e la diffusione di dati personali; controllo sulla legittimità del loro uso e sui tempi della loro conservazione. Un aspetto di questa battaglia riguarda il diritto alla riservatezza delle comunicazioni personali, che si presenta anch’esso in forme inedite nel contesto tecnologico della telematica. Nel 1991 un anarchico americano, in sintonia con l’utopia originaria del cyberspazio come luogo libero dalle interferenze del potere, ha costruito e distribuito gratuitamente in rete un potente programma di crittazione dei messaggi di posta elettronica, mettendo a disposizione di qualsiasi utente di Internet uno strumento tradizionalmente riservato al potere militare. Le pretese di vari governi di mantenere, a fini di sicurezza nazionale, il monopolio sui sistemi di protezione delle comunicazioni si scontrano, del resto, anche con gli ingenti interessi connessi al commercio elettronico, poiché la sicurezza delle transazioni richiede la crittazione dei numeri delle carte di credito. La diffusione del telelavoro, infine, se da un lato può contribuire ad abbattere i costi aziendali e a decongestionare le metropoli, dall’altro pone questioni inedite di diritto sindacale. Ad esempio, quando una società europea o statunitense utilizza "telelavoratori" asiatici a basso costo, diviene difficile persino determinare quale sia la legislazione nazionale di riferimento per questi rapporti di lavoro anomali. La globalizzazione telematica è del resto una fondamentale componente e, allo stesso tempo, una condizione di possibilità della globalizzazione dell’economia. Alcuni fautori entusiasti della diffusione di Internet vi intravedono la possibilità di realizzare per la prima volta nella storia, grazie alle nuove tecnologie, due grandi utopie della tradizione politica occidentale: la democrazia perfetta e l’ideale cosmopolitico. La prospettiva di una pari opportunità di accesso alla comunità virtuale e illimitata del cyberspazio, senza distinzione di classe, razza, religione e nazionalità, senza vincoli temporali e spaziali, consentirebbe l’avvento di una nuova agorà planetaria, di una democrazia diretta progressivamente cosmopolitica, libera dalle mediazioni del potere e dalla delega a un ceto politico separato dalla volontà autentica dei cittadini. Come un indirizzo di posta elettronica non coincide con un luogo fisico di residenza ma, assieme a un nome convenzionale e una password, individua un utente che accede alla rete da un luogo indeterminato, così la condizione di cittadinanza virtuale non è vincolata a un territorio, ma può "seguire" un cittadino della rete al di là dei confini di uno stato e indipendentemente dai suoi spostamenti geografici. Più concretamente, la telematica consente il voto elettronico, la comunicazione diretta tra elettori e candidati, l’interazione tra cittadini e amministrazione, l’accesso almeno potenziale a tutte le informazioni necessarie per formarsi opinioni politiche consapevoli. Il dibattito contemporaneo sugli effetti dei nuovi media della comunicazione è molto acceso e alle visioni utopistiche si contrappongono valutazioni nettamente pessimistiche. Nell’annullamento delle tradizionali mediazioni istituzionali, si intravede il pericolo di una democrazia plebiscitaria e di una politica calibrata sugli esiti di continui sondaggi di opinione, o affidata all’uso spregiudicato di strategie di marketing. L’enorme quantità di informazioni disponibili non appare di per sé una garanzia di crescita democratica, perché bisogna fare i conti sia con la manipolazione dell’opinione pubblica da parte dei poteri politici ed economici, sia con la disinformazione connessa alla stessa logica spettacolare della comunicazione di massa o alla concentrazione crescente dei grandi network commerciali. Il cittadino della rete, se da un lato si libera dai vincoli spazio-temporali per aprirsi al mondo, dall’altro rischia di perdere il radicamento nel proprio contesto sociale di relazioni concrete per rinchiudersi nella dimensione un po’ onirica della vita dietro lo schermo. A molti sembra che una parte di questi timori, in verità, siano più giustificati se riferiti a mass media tradizionali come la televisione, piuttosto che alla comunicazione via rete. Certamente, vi sono grandi interessi economici che tendono a normalizzare l’anarchia originaria e il pluralismo di voci di Internet nella direzione di un planetario mezzo di comunicazione di massa commerciale, ma questa per il momento appare soltanto una possibilità, non un destino inevitabile. A differenza della passività e dell’isolamento della fruizione televisiva, caratterizzata dalla comunicazione unidirezionale dal centro alla periferia (secondo lo schema "uno-tutti"), la struttura senza centro della rete consente un’interazione reciproca "tutti-tutti", almeno potenzialmente. Il cittadino elettronico non è soltanto chiamato ad approvare passivamente decisioni o proposte già formulate, ma può partecipare attivamente a discussioni collettive, far sentire la propria voce dalla periferia al centro nell’interazione con i poteri pubblici, estendere il proprio orizzonte di informazione e di relazione, costituire in rete comunità virtuali in base a interessi condivisi. Le nuove tecnologie consentono, se supportate da un’adeguata volontà politica, di rendere effettive alcune condizioni indispensabili della democrazia: la trasparenza delle decisioni e dei poteri pubblici, il libero accesso alle informazioni di interesse collettivo, il controllo sulla correttezza delle procedure amministrative. La telematica permette una razionalizzazione e un abbattimento dei costi dell’amministrazione e dei servizi pubblici, oltre a un rapido aggiornamento alle esigenze degli utenti che possono diventarne interlocutori attivi. A livello locale, vengono sperimentate da tempo le reti civiche come opportunità per abitare meglio il territorio. La "città digitale" di Amsterdam, ad esempio, offre gratuitamente l’accesso a giornali elettronici, teleconferenze, forum di discussione, per incoraggiare l’intervento diretto sui problemi della città, dai servizi sociali ai trasporti urbani. Al di là delle divergenze di valutazione, le prospettive della cittadinanza elettronica sembrano comunque destinate ancora per lungo tempo a scontrarsi con un ostacolo decisivo: il diritto al libero accesso alle informazioni e alla partecipazione non si traduce automaticamente in un esercizio effettivo. Come è avvenuto in passato con altre innovazioni tecnologiche, anche quella telematica genera i propri esclusi. In primo luogo, per quanto modeste, le competenze tecnologiche e le risorse economiche richieste dall’uso abituale di Internet non sono alla portata di tutti neppure nei paesi più avanzati, per non parlare dell’esclusione di vastissime fasce di popolazione nel Sud del mondo, spesso non ancora raggiunte da media più tradizionali, come il telefono e la televisione. In secondo luogo, non è sufficiente acquistare un computer e un modem e saperli usare. La partecipazione attiva e consapevole alle opportunità offerte dalla rete richiede una "alfabetizzazione" non soltanto tecnica, ma soprattutto culturale. |