"Tutto il peggio del peggior passato può sempre tornare."

Benedetto Croce

 

L’approvazione delle legge 62/2001 ha generato molto sconcerto, in giro per il Web. Qui ci occupiamo di tecnologie della informazione e delle comunicazione e di didattica. Ci piacerebbe moltissimo fare soltanto quello, ma insomma ci sono momenti nella vita che devi metter via gli attrezzi, chiudere l’officina e badare ad altro.

Il 7 marzo scorso, a poche ore dallo scioglimento delle camere, il Parlamento ha approvato la legge n. 62 del 2001, che stabilisce "nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali". La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001 ed è entrata in vigore il 5 aprile.

Che dice, la legge n. 62 del 7 marzo 2001? Parecchie robe, che riguardano soprattutto le modalità di sostegno, mediante fondi pubblici, all’editoria. A noi interessa particolarmente l’articolo 1:

1. Per "prodotto editoriale", ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.

Tutto molto chiaro. Questa legge si occupa di prodotti editoriali ("nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali"). "Ai fini della presente legge", sono considerati "prodotti editoriali" tutti gli oggetti di comunicazione destinati alla pubblicazione o, con valore ancora più estensivo, "alla diffusione di informazioni presso il pubblico" con ogni mezzo. Al comma 2, per maggiore chiarezza, il legislatore specifica che non vanno considerati "prodotto editoriale" soltanto i film, le registrazioni di suoni e voci (i CD musicali, principalmente) e "l’informazione aziendale" (la pubblicità). Il resto, è prodotto editoriale, e fin qua non ci piove.

Un sito web, dunque, è un "prodotto editoriale". Siccome Internet non è soltanto il WWW, anche una lista di mail è un prodotto editoriale . Senza possibilità di dubbio interpretativo, anche una lista di mail è "destinata alla diffusione di informazioni presso il pubblico"; in molti casi, un pubblico assai numeroso. Anche un newsgroup non aziendale è un prodotto editoriale.

Se fino qua non ci pioveva, al comma 3 comincia a grandinare fitto.

Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47.

Allora vediamo che dice l’articolo 2 della legge 47/1948:

Ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore.
I giornali, le pubblicazioni delle agenzie d'informazioni e i periodici di qualsiasi altro genere devono recare la indicazione:

  1. del luogo e della data della pubblicazione;
  2. del nome e del domicilio dello stampatore;
  3. del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile.
All'identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che contrassegnano gli stampati, deve corrispondere identità di contenuto in tutti gli esemplari.

E’ importante capire bene, perché l’art. 16 della medesima legge stabilisce che:

Chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta dall'art. 5, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire 500.000.
La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato non periodico, dal quale non risulti il nome dell'editore né quello dello stampatore o nel quale questi siano indicati in modo non conforme al vero.

Per altro verso, l’articolo 663-bis del codice penale prevede che:

Art. 663-bis (Divulgazione di stampa clandestina)
Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque in qualsiasi modo divulga stampe o stampati pubblicati senza l'osservanza delle prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.
Per le violazioni di cui al presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Da quando è entrata in vigore la legge 62/2001, queste norme riguardano tutti i "prodotti editoriali" diffusi mediante la Rete telematica. Anche i siti Web delle scuole, attenzione. Tutti gli oggetti di comunicazione diffusi su Internet, in buona sostanza.

Che fare, per mettersi in regola? La 47/1948 è chiarissima. Peccato che dal 1948 sia cambiata un bel po’ di roba, qui in giro. Comunque: ogni "stampato" deve indicare alcune informazioni essenziali. Qua io comincio ad non capire bene. Che cosa sia uno "stampato" di carta è chiaro. Un libro è uno stampato. Una copia di un giornale è uno stampato. Ma un sito Web? Va considerato "stampato" (sta cosa dello stampato fa un po’ ridere, ma siccome ci sono in questione due anni di reclusione meglio farsi forza e andare avanti) nella sua globalità, o è "stampato" ogni articolo pubblicato? Probabilmente, e per stare tranquilli, la seconda che ho detto. Allora: ogni "stampato" nel senso di articolo deve indicare:

  1. il luogo della pubblicazione;
  2. l’anno della pubblicazione;
  3. il nome e il domicilio dello stampatore;
  4. il nome dell’editore, se esiste.

Pare semplice, ma non è. Qual è il luogo della pubblicazione di un testo diffuso sul Web? Facciamo un esempio pratico: noi qui di docenti.org. Gli iscritti alla nostra associazione, che è telematica, stanno dappertutto. Anche in Australia. Il responsabile della redazione sta a Milano, il webmaster a Crotone, il socio che mette in linea gli articoli a Palermo, io e il grafico stiamo a Roma; gli autori dei testi stanno a casa loro, che può essere dovunque; in un caso, anche in Islanda; tutti comunicano per posta elettronica o mediante i newsgroup sociali; il web server sta a Torino. Bene: qual è il luogo della pubblicazione del nostro "stampato"?

Nel caso di una scuola, è relativamente semplice: il luogo della pubblicazione è la sede fisica dell’istituto. Purtroppo, per le comunità telematiche indicare un "luogo della pubblicazione" non è semplicissimo. Praticamente impossibile. Vabbè.

Per l’anno della pubblicazione, non ci sono problemi, salvo il fatto che magari sul Web un anno è lungo quanto un’era geologica, e in un anno vengono prodotti milioni di pagine, ma insomma ce la caviamo.

Il nome e il domicilio dello stampatore sono un problema grosso, dato che sul Web non ce ne sta manco uno, di stampatore. Siccome la 47/1948 richiede questa indicazione con lo scopo essenziale di consentire il sequestro degli "stampati" in tipografia, per analogia indichiamo il fornitore di hosting, o housing che sia. Il soggetto fisico o giuridico che rende disponibile, gratuitamente o a pagamento, la pubblicazione degli "stampati telematici" sui propri server. Il sequestro sarebbe un tantino problematico se il server stesse negli Stati Uniti o nelle isole Tonga, metti, ma insomma teniamoci stretti alla legge meglio che possiamo. Nel caso, come fare il sequestro non è affar nostro.

L’editore, sul Web, qualche volta esiste e qualche volta no. Di solito no, ma non è indispensabile indicarlo. Se non esiste, si può fare a meno.

Allora: se la vostra scuola ha un sito Web, e fate di mestiere il dirigente scolastico, o avete a cuore le sorti del vostro dirigente scolastico, indicate prima possibile su ogni "stampato" telematico:

  1. la denominazione (che comunque di solito sta scritta bella grossa nella home) e l’indirizzo della scuola (che è un dato comunemente disponibile, per esempio presso i provveditorati o il ministero della pubblica istruzione; però va indicato lo stesso);
  2. l’anno di pubblicazione;
  3. il nome e l’indirizzo di chi ospita sui propri server il vostro sito.

Dovreste essere a posto. Ma non è del tutto sicuro. Forse siete a posto, forse no. Se rileggete l’articolo 2 della legge 47/1948, ci trovate che i "periodici" sono soggetti ad obblighi particolari. Che cos’è un periodico? Tutto quel che non è "numero unico". Nessun sito Web è un numero unico. La prima cosa che impari quando inizi a occuparti di Web è che un sito deve essere aggiornato periodicamente. Sennò, non serve a niente e nessuno legge quel che c’è scritto. Dunque, tutti i siti Web sono "periodici", tranne quelli non più aggiornati, dei quali nessuno si cura. La periodicità degli aggiornamenti è una caratteristica essenziale di un sito Web.

Se il vostro sito Web viene aggiornato periodicamente, e non è un oggetto di comunicazione mummificato da qualche parte su un server (in questo caso, direi di prendere in considerazione la possibilità di levarlo di lì, tanto non lo guarda nessuno e occupa solo spazio su hard disk), è obbligatorio indicare:

  1. il luogo e la data della pubblicazione;
  2. il nome e il domicilio dello stampatore;
  3. il nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile;

Chi è il proprietario del sito Web di una scuola? Boh… Probabilmente, come rappresentante legale, il dirigente scolastico. Ma è anche titolare dei diritti di copyright? Direi di no. La situazione è abbastanza confusa. Comunque, o lui o il ministero della pubblica istruzione.

Il brutto viene dopo: ci vuole un direttore o almeno un vice direttore responsabile. E qui… la legge sull’ordinamento professionale prevede sia un giornalista professionista iscritto all’albo. Difficile che riusciate a trovarne uno disposto a assumere questo incarico gratis. Per puro e schietto amore della cultura e della diffusione, nelle scuole, delle tecnologie della informazione e della comunicazione. Ancora più difficile: serve un giornalista professionista che sappia qualcosa di comunicazione sul Web, che è una faccenda molto diversa dalla carta stampata. I giornalisti professionisti imparano a fare il loro mestiere nei giornali di carta, non qui.

Insomma, sono pasticci. Se aggiornate periodicamente il sito, c’è bisogno di un direttore editoriale. Non si scappa. Sennò spegnete il sito. E non mi guardate a sta maniera, perché non è colpa mia.

L’ultimo comma dell’articolo 2 ("All'identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che contrassegnano gli stampati, deve corrispondere identità di contenuto in tutti gli esemplari") rende di botto illegali le tecnologie più evolute di sviluppo Web. Un sito realizzato in ASP o PHP di fatto non esiste. I contenuti, in formato puro testo, stanno in un database. Quando l’utente si collega al sito e richiede una pagina, il server analizza la richiesta, individua il sistema operativo del client, il browser e, in alcuni casi, l’utente, se è registrato sul quel sito, poi genera una pagina HTML personalizzata, che viene distrutta alla chiusura del collegamento. L’identità di contenuto in tutti gli esemplari si va a far benedire. Perciò, dal 5 aprile in Italia sono illegali i siti realizzati in ASP o PHP. Fantastico.

Tranquilli, perché il peggio deve ancora venire. Torniamo all’articolo 3 della legge 62/2001:

Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948.

Sul fatto che un sito Web non sia un "numero unico", sia aggiornato periodicamente e perciò sia un periodico siamo tutti d’accordo. Rimane la speranza che i magistrati, che debbono applicare la legge, e per i quali l’azione penale è obbligatoria, la pensino diversamente, ma non credo. Per altro verso, ogni sito Web è contraddistinto ed identificato da una "testata" (dal Dizionario Enciclopedico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani: "la parte della prima pagina di un giornale o di altra pubblicazione, comprendente il titolo e le altre indicazioni necessarie, nelle loro caratteristiche grafiche"; ). Docenti.org è una testata. Per una verifica, provate a riprodurre la home di un sito qualunque, magari di una grande società, tale e quale, con la ragione sociale e la grafica e tutto, cambiate i testi, mettetela in linea e guardate l’effetto che fa. Prima, però, procuratevi un avvocato molto bravo, perché è un reato. Civile e penale. Dunque, ogni sito Web è contraddistinto ed identificato da una testata: l’indirizzo, la grafica, e qualsiasi altro elemento che lo identifichi.

Bene. Che capita, se il sito è periodico ed ha una testata? Capita di essere sottoposti agli obblighi dell’art. 5 della 47/1948, ed eccolo qua:

Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi.
Per la registrazione occorre che siano depositati nella cancelleria:

  1. una dichiarazione, con le firme autenticate del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile, dalla quale risultino il nome e il domicilio di essi e della persona che esercita l'impresa giornalistica, se questa è diversa dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione;
  2. i documenti comprovanti il possesso dei requisiti indicati negli artt. 3 e 4;
  3. un documento da cui risulti l'iscrizione nell'albo dei giornalisti, nei casi in cui questa sia richiesta dalle leggi sull'ordinamento professionale;
  4. copia dell'atto di costituzione o dello statuto, se proprietario è una persona giuridica.
Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la regolarità dei documenti presentati, ordina, entro quindici giorni, l'iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla cancelleria.
Il registro è pubblico.

Allora: la legge 62/2001 equipara senz’altro un sito Web ad una pubblicazione periodica a stampa e lo assoggetta alla disciplina degli articoli 2 e 5 della legge 47/1948 (ma perché soltanto a questi due? Gli altri articoli della 47/1948 sono disapplicati? Pare di no, dato che non sta scritto da nessuna parte). Se uno vuole stare tranquillo, dovrebbe spegnere il sito, fare tutto quello che sta scritto all’art. 5 della 47/1948, comprese la registrazione presso la cancelleria del tribunale e la nomina di un direttore responsabile, e poi tirar di nuovo su il server, senza dimenticare di apporre le indicazioni prescritte su ogni articolo o testo pubblicato. In difetto, ci si rende colpevoli del reato di stampa clandestina. L’Internet service provider, per conto suo, incorre nei rigori dell’articolo 633-bis del codice penale.

Meno male, però, che alla fine l’articolo 16 della 62/2001 che ci soccorre e dice:

1. I soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di comunicazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono esentati dall’osservanza degli obblighi previsti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. L’iscrizione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni.

Ci soccorre fino ad un certo punto, mannaggia, perché il registro degli operatori di comunicazione ancora non c’è, e allora siamo al punto di partenza.

Sicché, dallo scorso 5 aprile in Italia è in vigore la normativa più restrittiva e censoria in fatto di pubblicazione su Internet del pianeta (con la parziale eccezione della Cina e della Turchia). Una normativa che non tiene affatto conto della natura e della storia della Rete la quale, se è necessario ripeterlo, è un sistema di comunicazione internazionale costituito per aggregazione spontanea e privo di un centro di controllo.

La Rete è stata, in questi anni, un luogo privilegiato di esercizio delle libertà democratiche e dei diritti fondamentali di libertà di pensiero e di espressione:

Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948).

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Questo diritto, in questo momento, in Italia e sul Web non può essere esercitato senza rendersi colpevoli di un reato penale per cui è prevista la reclusione fino a due anni. Durante il ventennio fascista si rischiavano la galera o il confino, a pubblicare robe sgradite al regime. Nell’Italia repubblicana e democratica, si rischia la galera per la pubblicazione di un testo che riguarda, poniamo, un applicativo didattico o la didattica della musica. Niente male davvero.

Nei giorni successivi alla approvazione della legge sono state rilasciate, da autorevoli esponenti del governo e da altri soggetti (è abbastanza sbalorditivo che il presidente dell’ordine dei giornalisti della Lombardia "spieghi" come vada interpretata una legge dello stato, ma tant’è, e guardate con i vostri occhi se non ci credete: http://web.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=3659 ), dichiarazioni "rassicuranti". Peccato, però, che il parlamento fa le leggi, e poi la magistratura le applica senza tener conto del parere del presidente dell’ordine dei giornalisti della Lombardia. La legge è questa, e non c’è spazio per "interpretazioni" di alcun tipo. È stata approvata e, in questo testo, adesso la magistratura deve applicarla. Diversamente, bisognerebbe cominciare a preoccuparsi sul serio.

Se l’intento del legislatore era diverso, è necessario e urgentissimo un decreto legge di interpretazione autentica. In attesa del quale, noi continueremo a pubblicare senza registrarci. Consapevoli che si tratta di una decisione gravissima, perché le leggi vanno rispettate, anche se si è di parere diverso, finché non si riesce a cambiarle. Ma pure forti della certezza di esercitare un diritto pre-politico e naturale. Che pertiene l’uomo prima ancora che il cittadino. Nel caso, siamo reperibili presso la sede legale della associazione come indicata dal nostro statuto (http://www.docenti.org/servizi/statuto.htm ).

Intanto, invitiamo tutti i nostri lettori a firmare e far firmare la petizione promossa da www.puntoinformatico.it cliccando sul banner che sta qui in home per chiedere la cancellazione o la rettifica di una legge assolutamente incredibile e, tuttavia, legge del nostro stato.