L’emanazione, da parte del Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni, del D.M 80 e della O.M. 92 relativi alla nuova disciplina dei debiti formativi ha prodotto, oltre che un auspicabile dibattito, anche una serie di distorsioni, equivoci ed interpretazioni di cui il minimo che si possa dire è che non sono conformi né alla ratio e neppure alla lettera dei provvedimenti. Le noterelle che mi accingo a scrivere saranno sviluppate nell’esclusivo solco del discorso tecnico-giuridico e della prassi operativa non avendo io né competenze né titolo per ragionare sugli aspetti di efficacia pedagogica e direi di sistema che pure non sono marginali. Chiarisco anche che tutto quanto si dirà è esclusivamente riferito agli interventi e verifiche successivi alla sospensione dello scrutinio deliberato in sede di consiglio di classe finale. Il quadro di riferimento Nei titoli di giornale e persino nei documenti parlamentari (Calderoli et al.) si è fatto un gran parlare di ripristino degli esami di riparazione. Credo sia necessario, perciò, piantare un primo paletto: non è stata mai abrogata né in maniera espressa e né in maniera tacita la L. n. 352 dell’8 agosto 1995 recante disposizioni urgenti concernenti l’abolizione degli esami di riparazione. Se non ci sono leggi successive (escludendo per ovvie ragioni la L. 1/2007) che regolano diversamente la materia, può un’Ordinanza Ministeriale mutare questo quadro di riferimento? Non è necessario essere laureati in Giurisprudenza o essere particolarmente esperti di normativa scolastica per rispondere negativamente e senza esitazioni. Tutto il ragionamento successivo, perciò, non può ignorare questo incontrovertibile punto di partenza. Il passato prossimo Nel tempo si sono succedute circolari ed ordinanze ministeriali che hanno corretto il tiro iniziale (peraltro monco ed illogico: mi riferisco ad un percorso scolastico, anche universitario, non intralciato sostanzialmente, sul piano formale, dalla presenza di debiti non saldati) ma mai nel senso di slegare la verifica del superamento del debito dal necessario intervento di recupero posto a carico della scuola o, in alternativa, per assunzione su base volontaria, della famiglia dello studente. Il primo punto, fondamentale, di differenza fra esami di riparazione e sistema dei debiti consiste in questo: nei primi l’accertamento, attraverso un esame, era slegato da qualsiasi responsabilità di successo formativo assunta dalla scuola, nel secondo non ci può essere alcun accertamento di avvenuto o mancato recupero se, preliminarmente, non c’è stato un intervento, in primis, della scuola o, in alternativa, della famiglia. Il presente: le favole Quali sono gli equivoci più frequenti in cui si incorre leggendo l’O.M. ed ignorando i riferimenti normativi citati nella sua premessa? Il primo e più diffuso consiste in un equivoco che nasce per assonanza temporale: siccome l’art.81 secondo periodo della O.M 92 parla di "operazioni (che) devono concludersi, improrogabilmente, entro la data di inizio (sinora settembre n.d.r.) delle lezioni dell’anno scolastico successivo" la mente corre agli esami di riparazione settembrini ante 1995 e l’equazione viene automatica: sono ripristinati gli esami di riparazione. Un secondo equivoco nasce dal fatto che sfugge il riferimento a: "iniziative di recupero, le relative verifiche e le valutazioni integrative finali (sempre art.81). Le prime due (recupero e verifica) possono essere scisse tra loro e temporalmente dislocate in momenti diversi come vorrebbero i fautori del ripristino degli esami di riparazione? A mio parere no perché norme e prassi sin qui seguite mai hanno scisso i due momenti. Quando, infatti, col vecchio modus operandi (recupero disteso nell’arco dell’anno scolastico successivo) lo studente non saldava ad una prima verifica, una successiva verifica era slegata da un successivo intervento didattico? Direi proprio di no. Ulteriore equivoco: la paura dell’"esterno". La organizzazione di interventi di recupero può ignorare realtà e prassi della scuola italiana? Ci sono due "accidenti" che evidentemente non vengono presi in considerazione dai teorici del "vade retro CEPU et precarie". Il CEPU (et similia), peraltro, in quanto ente con fini di lucro (profit secondo la più alla moda terminologia dell’art. 112) è escluso, senza ombra di dubbio, dal novero delle possibilità organizzative previste. Sui precari o su docenti di altre scuole ragioneremo in seguito. Gli accidenti di cui parlavo prima si chiamano "Esami di Stato" e diritto irrinunciabile, costituzionalmente protetto, alle ferie del personale docente. Il vigente CCNL, che pure non prevede in maniera esplicita il “frazionamento” dei 32+4 giorni di ferie spettante al personale docente, prevede, comunque, la possibilità che, per particolari esigenze di servizio, il personale docente possa fruire delle ferie non godute nei periodi di sospensione delle attività didattiche dell’anno scolastico successivo . Ma è ragionevole immaginare di “spremere” come limoni i docenti limitando la possibilità di godere dei 32+4 giorni di ferie nell’anno scolastico di riferimento? Se, quindi, non si possono ignorare la partecipazione come obbligo di servizio agli esami di Stato ed il diritto alle ferie, bisogna portare avanti qualche ragionamento sulla possibilità che gli interventi di recupero e relativi esiti (il termine "verifica degli esiti " è la lettera dell’art.86 dell’O.M. che parla poi di integrazione dello scrutinio finale) siano operazioni che è possibile porre in capo a docenti diversi da quelli della classe di appartenenza dell’allievo. Ma questi docenti esterni alla scuola, magari selezionati attraverso le graduatorie, possono essere docenti a mezzo servizio? Qualcuno ha già scritto (ahimè anche su siti sindacali) che le verifiche non possono essere affidati ai docenti che tengono i corsi se diversi dal docente della classe. Questa posizione non alcun senso pratico e men che meno giuridico. E’ come se si sostenesse, ad esempio, che la valutazione, nel corso dell’anno scolastico, effettuata da un supplente avesse minor valore rispetto a quella del docente supplito o che essa si potesse addirittura elidere. Il docente esterno che tiene un corso di recupero cosa è se non un supplente del docente titolare che, per vari motivi, non è disponibile ad effettuare l’intervento? E quale motivazione o ragionamento giuridico valido può portare ad escludere che questo docente esprima una valutazione delle prove di verifica? Come chiarito in premessa le valutazioni che faccio prescindono dalle implicazioni pedagogiche o di efficacia ma sono di carattere esclusivamente tecnico-giuridico. Il presente: i fatti Che le operazioni, da un punto di vista puramente amministrativo, siano due (la verifica degli esiti e l’integrazione dello scrutinio finale) lo dice in modo inequivocabile l’art. 86 . Ma cosa si intende per verifica degli esiti? Chi propende per il ripristino degli esami non può che intendere la valutazione delle prove come affidata ai membri del Consiglio di classe. Le operazioni, secondo questa non condivisibile chiave di lettura, potrebbero essere queste: qualcuno (docente della classe o docente esterno) svolge l’attività di recupero, il Consiglio, anche in un momento temporalmente diverso, effettua una verifica (seduta d’esame?), in seguito lo stesso Consiglio porta a termine le operazioni lasciate in sospeso a giugno. Cosa non funziona in questa lettura? Il piccolo particolare di partenza: l’abolizione degli esami di riparazione. Quale, a mio parere, la lettura corretta? Un docente (interno o esterno poco importa) effettua il recupero e ne valuta contestualmente il risultato con una prova, il docente membro del Consiglio di classe propone, sulla scorta degli atti amministrativi (registro del corso) compilati da chi ha effettuato corso e prova finale, il voto, il Consiglio nella riunione che, eccezionalmente, si può tenere anche dopo il 31 agosto "verifica gli esiti" e procede "alla integrazione dello scrutinio finale". Del resto, se non fosse questa la lettura corretta, che senso avrebbe la previsione dell’art. 86 nella parte in cui prevede addirittura il richiamo in servizio di docenti trasferiti, collocati in quiescenza o collocati in altra posizione? E’ evidente che a fine agosto o eccezionalmente agli inizi di settembre il Consiglio di classe non ha compiti o poteri diversi da quelli esercitabili a giugno nello scrutinio finale. Non li ha perché ad agosto/settembre si svolgono quelle stesse operazioni di scrutinio sospese a giugno e non altre e diverse operazioni magari di esame. Il Consiglio non ha poteri, perciò, di Commissione d’esame chè altrimenti il comma 2 dello stesso art. 8, quando parla delle prove, non prevederebbe "l’assistenza di altri docenti del medesimo consiglio" ma definirebbe il Consiglio come Commissione d’esame. Avrebbe potuto farlo, in ogni caso, l’estensore dell’O.M.? No perché la fonte citata è di grado inferiore rispetto alla Legge e quella abolitiva degli esami di riparazione è tuttora vigente. Come leggere correttamente, allora, la presenza dei "docenti assistenti"? Non con una inesistente Commissione d’esame ma, piuttosto, con la necessità che qualsiasi prova di verifica sia pubblica. In pratica se lo studente segue un corso di recupero a scuola, alla prova di verifica finale (condotta dal docente interno o esterno che ha svolto l’attività di recupero) assistono gli altri studenti del corso. Se, però, la famiglia cura la preparazione dello studente, la verifica sarà condotta, dal "docente della disciplina" che per assicurare la pubblicità della prova avrà bisogno che ad essa assistano "altri docenti del medesimo consiglio di classe" come recita il controverso ed equivoco, anche a mio parere, secondo comma dell’art. 8 della ordinanza citata. Quali sono le altre aporìe della lettura dell’O.M. interpretata nel senso del ripristino sostanziale degli esami di riparazione? Ad esempio la disparità di trattamento cui sarebbero sottoposti studenti che frequentano un corso interno e quelli che, invece, si preparano da soli. I primi sono esaminati, correttamente, dal docente che ha curato l’intervento di recupero, i secondi si vorrebbe, discriminando, che fossero esaminati dal Consiglio di classe in veste di commissione. Altra situazione di disparità di trattamento sarebbe quella di una verifica disgiunta temporalmente dall’attività di recupero (esempio: il corso a giugno magari con un docente esterno, la verifica ad agosto/settembre con il famoso Consiglio schierato a mo’ di Commissione) mentre altri studenti verrebbero valutati senza soluzione di continuità rispetto al corso. Insomma, per concludere, una lettura non corretta della Ordinanza Ministeriale può portare solo alla crescita esponenziale del contenzioso davanti al giudice amministrativo. La scuola italiana di tutto ha bisogno tranne che della crescita delle pronunce dei T.A.R. Napoli 12 dicembre 2007 |