Quando pensiamo all’insegnamento dell’inglese col computer, immediatamente immaginiamo sofisticati laboratori linguistici, cuffie, software specializzato e cose del genere. No, non è questo che mi interessa. Il computer ha cominciato ad interessarmi veramente quando il suo ruolo nella didattica è cambiato. Nella storia del CALL (Computer Assisted Language Learning) il computer ha assunto diversi ruoli seguendo le trasformazioni sia tecnologiche sia metodologiche di questi ultimi decenni.

Anni ‘60-’70
Il computer è usato come tutor, dispensatore di esercizi a ripetizione, come "macchina che conosce la risposta giusta", strumento infaticabile e onnisciente, capace di proporre e riproporre esercizi e spiegazioni infinite volte, di valutare immediatamente la correttezza delle risposte date dallo studente e di correggerlo. Il fine di questo tipo di uso è l’acquisizione sicura delle strutture linguistiche secondo il modello comportamentista del metodo strutturale predominante in questo periodo nell’insegnamento delle lingue straniere. Il software utilizzato è costituito da programmi appositamente costruiti per fini didattici.

Anni ’80
Esplode l’era dell’approccio comunicativo nell’insegnamento delle lingue e del microcomputer nel campo dell’elettronica. Nasce il communicative CALL: se la lingua è comunicazione, lo studente deve essere attivo, operare delle scelte, produrre lingua in contesti comunicativi, piuttosto che manipolare lingua preconfezionata da ripetere e memorizzare; deve poter interagire con una macchina che sia flessibile rispetto ad una varietà di possibili reazioni e risposte.

Il computer è contemporaneamente tutor e tool, uno strumento che guida lo studente dandogli però maggiore possibilità di scelta, controllo e interazione. Il fine è migliorare la padronanza linguistico-comunicativa (comprendere, produrre e ricostruire testi). Il software usato non è solo di tipo didattico, ma anche programmi di videoscrittura, dizionari, giochi linguistici vengono utilizzati per scopi didattici.

Fin qui il computer non porta nella didattica nessuna rilevante novità, se non una maggiore efficienza e "produttività" di procedure, tecniche, attività ed esercizi normalmente presentati dall’insegnante, che il computer rende molto più veloci ed efficaci. La macchina in sé, però, costituisce una novità, un cambiamento nella routine della vita scolastica e quindi una spinta alla motivazione degli studenti.
Niente di più: il computer sostituisce a volte l’insegnante, velocizza alcuni processi, costituisce una varietà nel normale svolgimento delle lezioni. Troppo poco per la complessità di abilità, strategie e competenze da mettere in moto nel processo di apprendimento linguistico!

Anni ’90
Due innovazioni tecnologiche, il computer multimediale e Internet, cambiano completamente il ruolo del computer rendendolo un alleato formidabile dell’insegnante di lingue straniere, soprattutto di lingua inglese, la lingua della comunicazione globale on-line. Il computer è ora un potente mezzo di comunicazione, uno strumento da usare per trovare informazioni remote e distribuite su ogni tema, per mandare e ricevere messaggi, scritti e orali. Insomma inglese + Internet = comunicazione reale in classe con tutto il mondo, e non più solo il realismo ricostruito in classe nelle attività comunicative simulate nei role plays, nel "facciamo finta che …..".

Paradossalmente nella comunicazione on-line tutto è reale, anche se virtuale: la diversa tipologia di canali di comunicazione (scrittura, grafica, suono, immagini in movimento), la possibilità di integrazione delle abilità linguistiche in tutte le possibili combinazioni (lettura e scrittura, ascolto e scrittura, ascolto e parlato, ecc.), la possibilità di interagire con persone, organizzazioni, associazioni, aziende, con il mondo intero attraverso un mezzo di comunicazione dove c’è una andata e un ritorno, feedback continuo, possibilità di scegliere percorsi, stimoli e risposte a domande individuali o di gruppo, dove è possibile porre domande. Non sono queste le caratteristiche degli scambi comunicativi che cerchiamo di riprodurre in classe nell’insegnamento delle lingue? "Choice, information gap, feedback" queste le caratteristiche canoniche di uno scambio comunicativo, quelle che con difficoltà riusciamo a riprodurre nelle nostre continue simulazioni a scuola quando insegniamo una lingua straniera, dove manca però l’elemento essenziale: la necessità di comunicare utilizzando un codice diverso da quello naturale, cioè la motivazione vera della comunicazione, che parte dal bisogno di comunicare. Ecco, Internet con tutti i suoi servizi e le sue potenzialità può offrire un ambiente reale, anche se virtuale, in cui è possibile rendere vero questo bisogno di comunicare utilizzando una lingua diversa dalla propria.

È quello che sto sperimentando da qualche anno nelle mie classi, ed è l’unica ragione perché ho imparato qualcosa sui computer.

Ma quale insegnante sa riconoscere e sfruttare queste potenzialità legate alla possibilità di produrre un ambiente che faciliti e moltiplichi le occasioni di comunicare?

Anche in questo caso, se andiamo ad analizzare bene, l'uso del computer in sè non porta innovazione didattica, "semplicemente" ottimizza tecniche e procedure che potevano essere effettuate anche senza un supporto tecnologico. Velocizza i percorsi, rende più facile la realizzazione di progetti, fornisce una grande quantità di risorse su cui lavorare, accorcia le distanze, favorisce il lavoro collaborativo dentro e fuori la classe. Tutto vero. Ma il punto è sempre lo stesso: l'insegnante che decide di sfruttare tali potenzialità del computer come mezzo di comunicazione fa innovazione, nel senso che produce un insegnamento più coinvolgente ed efficace, perché ha già fatto in precedenza la scelta di individuare come finalità ultima del suo lavoro la comunicazione in lingua straniera, e fa del computer "semplicemente" lo strumento ideale per realizzarla. È sempre una questione di scelta metodologica, direi quasi filosofica, la scelta degli strumenti è solo una conseguenza.

L'uso del computer in classe insomma non è mai una innovazione di per sé, se si esclude l'elemento iniziale della novità. Si può usare il computer e seguire un metodo del tutto tradizionale e per niente innovativo (tradurre col computer, fare esclusivamente esercizi di grammatica col computer, copiare testi col computer e limitarsi a farne la correzione ortografica, seguire pedissequamente un corso di lingua su CDROM riproducendo esattamente lo stesso tipo di lezione che si poteva fare tranquillamente in classe magari col supporto di un videoregistratore, ecc.). Avremo dei risultati, certamente, perché tutto sarà più veloce, efficace e produttivo, grazie alla instancabilità e alle capacità della macchina, ma non avremo prodotto nessun cambiamento di mentalità nei nostri studenti rispetto alla disciplina che insegniamo, che non è un contenuto, ma un altro codice per interpretare la realtà che ci circonda; né avremo dato loro la consapevolezza delle vere potenzialità delle macchine che hanno usato. Si tratterà di un ennesima preparazione "scolastica" stavolta doppia, di lingua e computer.

Al contrario si può introdurre ogni tanto l'uso del computer pensando solo per questo di aver aggiornato il proprio modo di insegnare: portare ogni tanto i ragazzi a "navigare" in aula multimediale, iniziare attività di email con altre scuole e poi abbandonare i ragazzi a se stessi perché ci sono cose ben più importanti da fare per "finire il programma", progettare la produzione di ipertesti pensando che sia solo una questione da risolvere davanti al computer , e poi non concluderne nemmeno uno, così, come viene, perché tutto ciò è moderno e piace tanto ai ragazzi; senza però riconsiderare il proprio lavoro, senza mettersi minimamente in discussione, e senza inserire il tutto in modo organico nella propria programmazione. Semplicemente un di più, da fare in modo estemporaneo quando i ragazzi (e l'insegnante) sono stanchi di fare le "cose serie", quelle che stanno nel programma. Quindi le nuove tecnologie viste come una specie di Luna Park per intrattenere, in modo educativo s'intende, studenti e alunni nelle pause tra un lavoro "serio" e l'altro. Comportamento molto negativo questo, perché da una parte non cambia l'atteggiamento dell'alunno verso la disciplina, dall'altra presenta il computer solo ed esclusivamente come strumento ludico, e non come strumento per realizzare e pubblicare produzioni proprie, sviluppare la creatività, studiare e comunicare.

Insomma, introdurre il computer nella didattica non è mai di per sé una rivoluzione; innovativi, coerenti e consapevoli devono essere la metodologia e l'approccio all'interno del quale si sceglie di lavorare.
La vera rivoluzione nell'insegnamento delle lingue straniere ancora sta nella scelta dell'approccio comunicativo, che non riesce a dare i frutti sperati in termini di livello di padronanza linguistico-comunicativa dei nostri alunni alla fine del percorso scolastico, per il semplice fatto che moltissimi insegnanti, pur adoperando testi e sussidi più o meno tecnologicamente avanzati, continuano ad insegnare come nella "migliore" tradizione: regola, esercizi, traduzione, in barba a ricerche, documenti europei, piani nazionali di aggiornamento e progetti lingue 2000 vari.

Né, d'altra parte, chi in alto loco si occupa dell'introduzione delle NT nella scuola sembra preoccuparsi più di tanto del problema: "Che fare dei computer distribuiti in grande quantità e con grande impiego di risorse finanziarie attraverso il Programma di Sviluppo delle Nuove Tecnologie". Voglio dire: come organizzare i laboratori, come curarne la manutenzione, come pianificare l'accesso da parte di alunni e insegnanti, anche come luoghi di autoapprendimento o di apprendimento a distanza (peraltro unica vera peculiarità del computer multimediale nella didattica), come aggiornarne la dotazione, come diffondere informazioni sull'uso delle nuove tecnologie nella didattica delle varie discipline, come aggiornare continuamente gli insegnanti, perché questo è un campo in continua evoluzione e non basta un aggiornamento una tantum di 30-40 ore per tutta la vita.

Benissimo quindi la dotazione alle scuole delle macchine necessarie a promuovere l'uso delle nuove tecnologie nella didattica; benissimo la fase dei pionieri, che si sono lanciati anima e corpo a sperimentare e realizzare progetti spesso bellissimi ed estremamente innovativi, e straordinari dal punto di vista didattico. Ma ora è tempo di far diventare normale ciò che sembra ancora straordinario. Il computer è una cosa "normale", anche se "diversa", come diceva Nanni Moretti in un suo famoso film a proposito di un'altra "cosa". Normale perché è nella case (quasi sempre), è strumento di lavoro (sempre), ed è perfino nelle scuole. Non è più la sua presenza la cosa straordinaria. Ora, nelle scuole, può apparire straordinario che sia usato in modo didatticamente appropriato. Ora, nelle scuole, si deve seriamente pensare alle risorse umane e professionali che servono a rendere valido e didatticamente appropriato l'uso delle macchine.

Si può pensare ad un laboratorio multimediale frequentato da decine di classi ogni settimana senza la presenza di una unità di personale che abbia la funzione di supportare il lavoro del docente, motivato si, ma spesso non preparato nell'uso di hardware e software? Oppure si deve limitare l'accesso ai soli docenti in grado di fronteggiare ogni situazione e ogni emergenza? Ed è ben noto che, davanti a una macchina che non va o a una attività che si interrompe per problemi "tecnici", la motivazione dello studente e il grado di considerazione verso l'efficienza dell'istituzione crollano drammaticamente.

Un altro problema: a chi assegnare la gestione e la manutenzione dei laboratori multimediali? E che significa gestire un laboratorio multimediale: dare supporto tecnico o didattico, o tutti e due? Serve solo l'esperto che sappia far funzionare una stampante oppure chi sa valutare e consigliare risorse in rete o software per risolvere un problema relativo al progetto da portare avanti? Serve l'ennesimo corso di alfabetizzazione informatica, o chi è in grado di selezionare e presentare idee ed esperienze di attività didattiche da realizzare con il supporto delle nuove tecnologie e dare così la motivazione ad imparare ad usare le attrezzature e i programmi necessari? E chi può essere considerato esperto di computer nella scuola, quello che sa montare e smontare l'hardware o chi sa costruire percorsi ed occasioni di insegnamento-apprendimento con il computer? I laboratori multimediali possono continuare ad essere gestiti (tecnicamente e didatticamente) nei ritagli di tempo da insegnanti o tecnici di buona volontà o, nella migliore delle ipotesi, da docenti con Funzione Obiettivo per un numero assai esiguo di ore la settimana?

Sarebbe ora di considerare il programma di sviluppo delle NT come non completato con la distribuzione dei computer, ma con l'individuazione di figure di esperti, dal punto di vista sia tecnico sia didattico, che rendano operativo il programma con l'uso effettivo e professionale delle costose dotazioni multimediali delle scuole da parte della maggior parte dei docenti. Non vale il numero di coloro che dichiarano di aver frequentato i corsi dell'1b o di altri corsi di aggiornamento sull'uso del computer, vale il numero di chi usa il computer come strumento didattico regolarmente nel proprio insegnamento, e questo secondo numero è molto, molto più piccolo rispetto al primo.